domenica 14 ottobre 2012

Dizionario minimo: Crescita

Fino a non molti anni fa c'era una certa convergenza sull'uso del termine "crescita". lo si intendeva come processo generale della società verso un miglioramento delle condizioni di vita di tutti i cittadini, nessuno escluso, più diritti, più tutele, più benessere, questo era il concetto di crescita che tutti noi avevamo in mente e che di riflesso, con tutti i limiti del caso, ci veniva proposto. Nessuno si sarebbe sognato di contrapporre la crescita economica alla qualità della vita nei termini brutalmente attuali dei professoroni di Chicago: o l'una o l'altra, non si può pretendere di avere maggiore espansione con più benessere, sono cose che ci dobbiamo scordare, prepariamoci a lavorare di più e peggio e a guadagnare meno, avere meno diritti e meno sicurezze. C'è una traslazione da un concetto generale  a uno particolare, l'economia, da cui dipende tutto, non c'è più un nesso, una causalità che fa derivare l'uno dall'altro ma si scopre come legge di necessità trascendente, quella che all'inizio del secolo scorso veniva riconosciuta nelle verità scientifiche, assolute e inarrestabili, portatrici di progresso e felicità per tutti. La felicità è stata messa da parte, il progresso non è più così sicuro ma la necessità è stata trasferita nel campo dei numeri, dei bilanci: Lo chiedono i mercati, cosa c'è di più metafisico, di più lontano dalla nostra comprensione terrena, limitata e inadeguata rispetto alla complessità di questi fenomeni, si direbbe pura ontologia dell'essere? Di sicuro c'è che la loro "crescita" corrisponde alla nostra miseria.

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