lunedì 10 settembre 2012

Mi chiamo Bond, Eurobond

Siamo il paese che ha probabilmente più giornali che lettori, ci piace scrivere, leggere un pò meno. Il dubbio nasce da una constatazione: si sono accorti i signori della penna che scrivono quasi tutti le stesse cose, usando gli stessi aggettivi, le stesse parole, lo stesso tono? Perchè lo fanno? Mancanza di comunicazione? Eccesso di comunicazione? Zelo editoriale? Prendiamo l'euro, abbiamo i seguenti giornali che si potrebbero scambiare gli articoli e non se ne accorgerebbe nessuno data la totale linearità delle posizioni: Repubblica, Corriere, Stampa, l'Unità, Il fatto quotidiano. Poi c'è il manifesto che fa "ni" e i giornali dela destra che in questo momento fanno no, ma basta un fischio del capo e si fermano le rotative per cambiare le posizioni in corso d'opera, sono truppe leggere in grado di spostarsi in qualsiasi momento e con la massima efficienza di fuoco, quindi da non prendere molto in considerazione. Risultato, non c'è un organo di stampa che cerchi d'informare senza strepiti e senza fanfare,sulle conseguenze di una nostra uscita dall'euro, tranquillamente e razionalmente, senza evocare scenari apocalittici o paradisi a portata di mano.Lasciamo stare i complotti, le banche cattive e i poveri giornalisti con famiglie numerose, non è questo il punto, ma chiediamoci, sarebbe possibile un'altro modo d'informare? Probabilmente no, i giornali vivono e si riproducono dentro un sistema economico che li ingloba e di cui fanno parte integrante.

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