martedì 25 settembre 2012

Quattro amici al bar

Sono già lì, passano, guardano in giro e tranquillizzati che non sia cambiato niente aspettano un pò e poi si siedono. Sono quattro case ma c'è l'aria buona, se lo ripetono spesso e alla fine ci credono pure loro e se ne fanno una ragione, vorrebbero tante cose che lì non trovano ma che fuori, in altri posti ci sono in abbondanza. La loro prima aspettativa riguarda le ragazze che immaginano per le vie di Milano, libere e mai e poi mai costrette a dire continuamente no come capita dalle loro parti. Si, dice uno, può capitare ma è una cosa molto rara, in genere sono sempre disponibili. Immaginano tutta quest'abbondanza a loro disposizione, giorno e notte e ordinano da bere. No, io non bevo. Perchè? Silenzio e sguardi preoccupati. Parto, vado via. sono stufo di questo niente che viviamo tutti i giorni, fuori il mondo sta cambiando e noi qui a bere e a parlare sempre delle stesse cose. Era il figlio di un commerciante abilissimo e scaltro che le aveva indovinate tutte, seguendo il suo fiuto e la fortuna che ingenuamente pensava di passare al ragazzo come si fa con un magazzino o una licenza. Forse hai ragione, ma come passerai le tue giornate? non penserai per caso di metterti a lavorare? No, non ne ho di bisogno, e che voglio sapere che c'è oltre le nostre chiacchiere. Lì non c'è posto per te nè per noi, è qui il nostro posto, fuori non siamo niente, non contiamo niente. Era il meno loquace della compagnia ma anche il più preciso e tutti sapevano che il quadro che aveva descritto era vero. Tu dici solo minchiate ma ti perdoniamo perchè una sedia vuota sarebbe peggio. Si salutarono per la pausa pranzo, nessuno aveva preso sul serio l'annuncio della partenza, era la terza e la quarta volta che lo diceva  ma poi era sempre seduto con loro. Sarebbe rimasto anche questa volta. Gli lasciarono il conto da pagare.

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